Scavare e mangiare da mane a sera

rubrica
contro il logorio della vita moderna

data
10 Feb 2017

Mi è venuta in mente perché, non molto tempo fa, mi è capitato di fermarmi a parlare con Bepi (userò uno pseudonimo, mi è stato chiesto un rigoroso anonimato). Bepi potrebbe essere un qualsiasi friulano sulla sessantina che da bambino è cresciuto tra fossi, fieno e fichi rubati. Ero nel suo giardino e mentre mi parlava stava con il piede piantato sulla vanga e il gomito sostenuto dal manico in legno. All’inizio non ci pensai, ma poi mi sembrò strano vederlo con quell’attrezzo perché non c’era terra da spostare né era stagione da orto… così gli chiesi cosa stesse facendo e lui mi rispose… “i sei in spiete dal farc” (difficile da tradurre… diciamo che stava tendendo un’imboscata a una talpa).

Per un friulano che cura minuziosamente il suo giardino o che coltiva con ossessiva perizia il proprio orticello, la talpa rappresenta un primordiale antagonista. Tra i due si innesca un gioco di tensione in cui l’uno non vede l’altro ma entrambi sono certi della reciproca presenza.

Tutto ha inizio con una leggera vibrazione, un rumore sordo provenire dal basso e in men che non si dica il prato comincia a sobbalzare, a deformarsi, una colata di terra si solleva rapidamente, lapilli di radici cadono a poca distanza dal cono grumoso… tutto avviene così rapidamente che il Bepi di turno non ha il tempo di conficcare la vanga nel punto esatto e riuscire, con una palata chirurgica, portare allo scoperto l’artefice di questa eruzione terrigena.

I noti cumuli che tradiscono la presenza della talpa non sono altro che il materiale di risulta delle gallerie scavate nel sottosuolo con le robuste zampe anteriori. Questi tunnel sotterranei, se collocati a qualche decina di centimetri dal livello del terreno, hanno una funzione di rifugio permanente, o, se più superficiali, sono scavate alla ricerca di cibo.

È odiata negli orti perché accusata di nutrirsi delle radici di insalata, radicchio e altro. In realtà il danno che causa è del tutto involontario: lei disdegna la verdura alla stregua di un qualsiasi adolescente umano, ma la sua attività di ricerca di lombrichi e insetti non può di certo essere fermata da una qualsiasi carota conficcata nel terreno che incrocia il suo scavo.

Per una bizzarra condizione data dal suo metabolismo, la talpa è costretta a mangiare in continuazione, non ha la capacità di accumulare sostanza di riserva sotto forma di grasso corporeo. Per questo motivo si concede solo brevi sonni tra uno spuntino e l’altro e non può permettersi un periodo di letargo durante la stagione fredda. Per attenuare questa costante ansia del cibo la talpa si costruisce delle dispense formate da un groviglio di lombrichi che sembra riesca, con dei morsi ben assestati, a paralizzare per conservali vivi – e dunque freschi – per lunghi periodi. Badate bene, non troppo a lungo però, perché i lombrichi possono rigenerare parte del loro sistema nervoso (se non eccessivamente compromesso) e fuggire dalla prigionia.

Per alcuni la talpa potrebbe sembrare uno scuro topo cicciottello, in realtà non è un roditore, fa parte invece dell’ordine degli insettivori, così come i ricci e i toporagni.

Passa la vita intera nei meandri sotterranei delle sue gallerie, uscendo alla luce solamente nel caso di allagamenti; in questo caso le sue zampe scavatrici si trasformano in eccellenti organi propulsori per il nuoto.

La sua pelliccia è, a mio avviso, un capolavoro dell’adattamento: mentre tutti i mammiferi hanno un verso nel pelo, che va dalla testa in direzione della coda, il pelo della talpa è privo di questa caratteristica e si dispone a seconda del senso di marcia dell’animale all’interno delle sue gallerie. Questa caratteristica rende la pelliccia della talpa particolarmente morbida, tanto che in passato era utilizzata per confezionare giacche, mantelli o parti di abiti. Si può proprio dire che la vita da talpa non è mai stata facile quando l’uomo è nei paraggi.