La religione come parto dell’immaginazione
Personalmente credo che l’immaginazione sia al potere da quando l’uomo ha iniziato a scalfire la roccia con disegni sofisticati e a seppellire i morti assieme ad oggetti del quotidiano, mostrando così di credere in una vita oltre la vita, fino ad arrivare al suo più importante ed imaginifico traguardo: la religione.
Sono d’accordo con quanto affermato dall’antropologo Maurice Bloch, (1) il quale è convinto che una volta evolutasi la necessaria architettura del cervello che ci permette di pensare a mondi ultraterreni o a esseri e cose che non esistono fisicamente o che vivono oltre la morte, una volta ottenuto tutto questo è facile avere accesso ad una forma di interazione e condivisione tra comunità che lui chiama “trascendente sociale”, in grado di unire nazioni, clan o anche elementi immaginari, come i defunti; e tutte le religioni moderne abbracciano questa idea di società che include vivi e morti. La religione è l’unica in grado di formare legami tra viventi e non viventi, persone distanti o sistemi di valori.
Secondo Bloch, ciò che è richiesto affinchè tutto questo possa realizzarsi, è l’abilità di vivere in gran parte nella fantasia e nell’immaginazione. I fenomeni di tipo religioso sono una parte inseparabile della capacità chiave degli umani moderni e cioè quella di pensare ad altri mondi, una condizione che Bloch sostiene essere il fondamento della socialità.
Per concludere con le sue parole: “Una volta che ci saremo resi conto di questa onnipresenza dell’immaginario nel quotidiano, non rimarrà nulla di speciale che possa spiegare la religione”.
(1) Maurice Bloch, Why religion is nothing special but is central, Philosophical Transactions B, 2008