Il vostro prossimo “pucciosissimo” animaletto

autore
Stefano Dal Secco

rubrica
umani e altri animali

data
08 Mar 2019

I tardigradi sono davvero degli animaletti speciali. Sono dei piccoli invertebrati che conosciamo ormai da molto tempo (furono scoperti nel Settecento) ma che non finiscono ancora di sorprenderci. Sono sul pianeta da circa 100 milioni di anni e sono speciali per una lunga lista di motivi. Quelle che seguono sono alcune delle loro principali caratteristiche.

Intanto sono pucciosissimi tanto che sembrano un cartone della Pixar, e sono perciò comparsi spesso al cinema e in TV (Ant-man, Start Trek, South Park, …). In inglese hanno il nome comune di “orsi d’acqua”, anche se nello stadio adulto misurano circa un millimetro di lunghezza.

Non sono una specie, non sono neanche un genere, non sono neanche una famiglia … insomma, sono addirittura un “phylum” (per chi non se ne intende un phylum sono per esempio i molluschi o i cordati, cioè dei raggruppamenti piuttosto ampi, che grosso modo suddividono gli organismi viventi subito sotto i regni: animali, vegetali, funghi). Ad oggi se ne conoscono oltre 1000 specie diverse, di tartigradi, e questo numero cresce in continuazione. Si presume ce ne siano moltissime di più, tanto che esistono addirittura dei percorsi didattici per ragazzi che si chiamano “Scopri la tua specie di tardigrado”: basta un microscopio poco più che giocattolo e un po’ di pazienza.

Ce ne sono proprio tanti tanti, e si trovano dappertutto sulla Terra, dalla cima delle montagne al fondo degli oceani, nelle foreste tropicali e in Antartide, nei vulcani e nel profondo della crosta terrestre. Il luogo più facile dove trovarli è in mezzo a muschi e licheni o tra i sedimenti di acqua dolce o salata (sulle spiagge o sulle dune) dove si possono contare fino a 25.000 esemplari per litro.

Supertosti

Quello per cui sono più conosciuti però è la loro capacità di sopravvivere in molte situazione estreme, che li rendono probabilmente gli animali più “tosti” sul pianeta. Si dice che siano in grado di sopravvivere anche a eventi globali di estinzione di massa causati da eventi astrofisici, come esplosioni di raggi gamma o grandi impatti di meteoriti. Ricordate che dire che sono qui da 100 milioni di anni significa anche dire che sono uno dei pochi gruppi sopravvissuti alle cinque estinzioni di massa che si sono succedute sulla Terra.

Per quanto riguarda la temperatura, possono sopravvivere:

  • alcuni minuti a 151°;
  • qualche decina d’anni a -20°;
  • alcuni giorni a -200°;
  • alcuni minuti a -272° (lo zero assoluto corrisponde a -273,15°, tanto per puntualizzare).

Per quanto riguarda la pressione, possono starsene nel vuoto quasi totale (vedi sotto quando parliamo di tardigradi astronauti) così come a 6.000 atmosfere (per intenderci, quasi sei volte la pressione nella Fossa delle Marianne).

Non scherzano nemmeno con la mancanza d’acqua, anche se sono essenzialmente animali acquatici. Possono sopravvivere circa 10 anni completamente senz’acqua e tornarsene subito in azioni, belli pimpanti, una volta che l’acqua ritorna (ma un esemplare disidratato per 120 anni è stato reidratato e dava ancora dei segnali di vita). In condizioni di siccità i tardigradi cambiano la percentuale di acqua nel loro corpo dal normale 85% al 3% e riducono il metabolismo del 99.99%; in pratica sono morti.

Altri “superpoteri” riguardano le radiazioni (sopportano un livello di radiazioni 1000 volte quelle che sarebbero letali per qualunque altro animale), e un elevatissimo livello di tossine. Ah, e riescono a sopravvivere nello spazio.

Fortezze cellulari

Va bene sono tostissimi, ma com’è che ci riescono? Diverse cose le sappiamo ma nello specifico più che altrettante rimangono misteriose. Un’idea generale però è questa: quando finisce l’acqua, si trasformano in una “fortezza cellulare”, ritirando le gambe e la testa per formare una sorta di pillolona compatta. In questo loro stato di barilotto cellulare, i tardigradi producono glicerolo (antigelo, in sostanza) e secernono trealosio, che è uno zucchero semplice con notevoli proprietà di conservazione.

Il glicerolo va a rimpiazzare, all’interno delle cellule, tutta l’acqua. Le parti della cellula che hanno bisogno d’acqua, come DNA e proteine, rimangono come bloccate dentro questo “antigelo” e sospendono ogni loro attività. Una volta reidratate, il glicerolo si dissolve e le cellule ritornano attive.

Possiamo invece considerare il trealosio come un bozzolo che intrappola la biomolecola all’interno di una matrice vetrosa, come gli insetti che vengono racchiusi nell’ambra. Quando il trealosio si cristallizza, il tardigrado diventa come mummificato in un’armatura di vetro. In questo stato di ibernazione le pillolone di tardigrado mummificato nel trealosio possono sopportare quasi ogni assalto.

Piccoli astronauti

I tardigradi sono anche il primo animale conosciuto che sia riuscito a sopravvivere nello spazio. E delle loro avventure spaziali si può fare un piccolo catalogo.

Nel 2007 i tardigradi disidratati (in forma di animali sospesi nell’ambra di zucchero, come si diceva) sono stati portati nella bassa orbita terrestre dalla missione FOTON-M3. Per 10 giorni sono stati esposti allo spazio esterno e alle radiazioni UV del Sole. Dopo essere stati reidratati, al loro ritorno sulla Terra, una parte dei tardigradi spaziali sono tornati allo stato attivo e hanno prodotto embrioni vitali.

Nel 2011 invece, scienziati italiani hanno inviato dei tardigradi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, trasportandoli a bordo del volo finale dello Space Shuttle Endeavour. Questa volta non furono mandati all’esterno della stazione, e le conclusioni furono che la microgravità e la radiazione cosmica non influenzarono significativamente la sopravvivenza dei tardigradi.

Ancora, alla fine del 2011, i tardigradi dovevano essere inviati su Phobos (uno dei satelliti di Marte) nel volo interplanetario della missione Fobos-Grunt. Ma la missione fu annullata.

Estremi

I tardigradi a volte vengono definiti “estremofili”, un termine che viene usato per descrivere i batteri super-resistenti che riescono a vivere sulle bocche delle sorgenti idrotermali sul fondo degli oceani e in altri ambienti estremamente inospitali. Paul Bartels – zoologo degli invertebrati al Warren Wilson College in North Carolina – chiarisce che non sono propriamente degli estremofili, in quanto in realtà non “vivono” in quegli ambienti o nello spazio, ma si rinchiudono nelle loro piccole fortezze. “È invece molto facile ucciderli quando sono in giro, nel loro ambiente normale”, dice.

Quando invece si trovano nel loro forma di barilotto ricoperto d’ambra zuccherina, sono estremamente difficili da uccidere. E, all’indomani di un cataclisma simile all’impatto di un asteroide, probabilmente sarebbero gli ultimi esseri viventi a rimanere vivi sulla superficie della Terra e nei mari.

I molti studi che vengono oggi condotti sulle eccezionali caratteristiche di questi maialini Pixar promettono di portare nuove importanti scoperte riguardo alla conservazione di vaccini e altri microorganismi. Ma siccome tutti leggiamo o guardiamo la fantascienza, anche gli scienziati, so già cosa vi passa per la testa: “Magari animali simili possono sopravvivere in ambienti extraterrestri apparentemente inadatti alla vita”.

Oh certo, magari un giorno troveremo dei simpatici maialini del fango su una luna di Giove. Li porteremo a casa, e scopriremo che sono dei maledetti zombie mutanti che meditavano da tempo di invaderci e sopprimerci tutti. Ebbene sì, nutro un’infinita fiducia nella capacità umana … di essere degli animali imbecilli.