Chi ha paura degli alieni?
Naturalmente no, nonostante il caldo sia già intenso non ci ha (ancora) dato alla testa! Gli alieni di cui vi vogliamo parlare sono le Specie Aliene Invasive, che d’ora in poi chiameremo IAS (l’acronimo viene dall’inglese, non perché siamo esterofili ma perché in tutta Europa le chiamano in questo modo). Si tratta di quelle specie viventi (quindi sia animali che vegetali) che per mezzo dell’intervento diretto o indiretto dell’uomo sono state spostate da una parte all’altra del pianeta, diventando spesso dei veri e propri flagelli per le specie autoctone, per gli ecosistemi e persino per il benessere dell’uomo.
Se ne sente parlare sempre più spesso, ma con poca cognizione di causa e con posizioni che più che scientifiche sfociano nell’oltranzismo. Mondo scientifico, amministrazioni e mondo animalista infatti, sempre più spesso, si trovano a discutere su cosa fare per contenere i pericoli causati alle altre specie e agli ecosistemi dalle IAS.
Se pensate che il problema sia di poco conto, forse è perché nessuno vi ha spiegato che le IAS sono la seconda causa a livello planetario di perdita della biodiversità (dopo la distruzione degli habitat) e tra le maggiori minacce per gli ecosistemi più fragili, come ad esempio quelli delle isole. Senza considerare poi che possono danneggiare in maniera considerevole anche la salute umana e la nostra economia.
In questo momento si stima che in Europa siano presenti oltre 12.000 specie aliene, di cui il 15% circa sono già considerate invasive. Sicuramente il problema è preso molto seriamente dall’Unione Europea, che ha individuato la necessità di affrontare le specie aliene invasive come una delle sei priorità della propria strategia in materia di difesa della biodiversità per il periodo 2013- 2020.
So cosa state pensando: “Ma cosa vuoi mai che possano fare qualche animale e qualche pianta straniera ai nostri ecosistemi?”
Bene allora, ecco qualche esempio.
L’Ailanto (Ailanthus altissima), è una pianta arbora originaria della Cina, introdotta in Europa per un tentativo di incrementare la produzione di seta (in alternativa al gelso, nell’allevamento del baco da seta). Attualmente è una pianta infestante che grazie alla capacità di crescere rapidamente e alla consuetudine di formare fitti boschetti in poco tempo sta mettendo in profonda crisi importante associazioni vegetali autoctone anche in Italia.
Il coniglio europeo (Oryctolagus cuniculus), introdotto in Australia nel XVIII Secolo, è stato la principale causa di perdita di biodiversità vegetale nel continente australiano. Oltre 500 milioni d’individui, senza predatori né parassiti naturali e con la predilezione per i germogli e la corteccia dei giovani alberi (spesso i conigli ne decorticano la base, causandone la morte), erano diventati una vera e propria piaga fino ad essere, addirittura, considerati una dei primi motivi alla base della desertificazione ed erosione del suolo del continente. Il governo australiano ha più volte applicato a questa specie una vera propria guerra batteriologica, diffondendo malattie specifiche del coniglio al fine di controllarne il numero.
Il punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus) è un coleottero asiatico nonché un temibile parassita di diverse specie di palme. Le larve di questo coleottero infatti abitualmente scavano delle ampie gallerie nelle palme che parassitino, portando spesso i loro ospiti alla morte. I punteruoli si nutrono di diverse specie di palme, alcune ornamentali e altre da reddito (palme da cocco, palme da olio, palme da datteri) causando ingenti gravi danni all’agricoltura, al paesaggio e all’ecosistema.
Naturalmente sul tema delle specie aliene sta ormai sviluppandosi un’ampia letteratura, e quindi ancora moltissimo ci sarebbe da dire (quelli sopra sono solo tre piccoli esempi tra migliaia di cui potremmo discutere … e forse prossimamente lo faremo), ma per rispondere alla domanda iniziale: chi ha paura degli alieni?
Beh, da quanto vi ho brevemente raccontato avrete capito che sicuramente ne ha paura l’Unione Europea, senza ombra di dubbio ne ha paura l’Australia, e anche gli USA in verità iniziano a preoccuparsene. Io ne ho paura, onestamente! E se anche voi tenete alla nostra biodiversità, e al mondo che fino ad ora abbiamo conosciuto (e abbondantemente maltrattato) dovreste iniziare a essere un po’ in apprensione.